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Festa Trasmissioni giugno 2019
Caserma Luigi Pierobon Padova
32° Reggimento trasmissioni

Illustrazione della cerimonia

Grazie ai buonissimi rapporti col Comandante del 32° Reggimento e con il personale tutto della Caserma Pierobon anche quest’anno la sezione ANGET di Padova è riuscita ad organizzare la Festa in ricordo di quell’avvenimento “Vedi Note storiche della ricorrenza” a cui hanno partecipato numerose sezioni ANGET della delegazione del Veneto che ringraziamo per la vicinanza ed amicizia.
La cerimonia è stata articolata con il raduno in piazza d’arme dove si è svolta la cerimonia dell’ALZABANDIERA alla quale è succeduta la deposizione di una corona in ricordo dei nostri caduti.
Si è poi proseguito il raduno con la celebrazione della Santa Messa presso la sala Riunioni del Reggimento.
Al termine della Santa Messa Il Comandante del Reggimento Col. Alessandro Nigri ha salutato i radunisti ringraziandoli di aver partecipato alla celebrazione della Festa.
Il Raduno si è concluso con la consumazione del pranzo presso la Mensa della Caserma Pierobon che ha consentito lo scambio conviviale tra tutti coloro che hanno partecipato.
Il Delegato Regionale dell’ANGET e Presidente della sezione ANGET di Padova Gen. Felice Cofini prima del commiato finale ha ringraziato Il Comandante del 32° reggimento, tutto lo staff del Reggimento, il personale del RSISC4 che ha partecipato alla cerimonia, tutte le sezioni Anget della Delegazione Veneto presenti e tutti i radunisti.

Grazie a tutti.

Viva l’ANGET!!

Il Delegato Regionale e Presidente della sezione ANGET di Padova
Gen. b. aus. Felice Cofini

Note storiche della ricorrenza

La battaglia del Solstizio o seconda battaglia del Piave, è per noi dell’ANGET una pietra miliare della nostra storia. Quegli eventi eroici e dolorosi valsero la medaglia d’oro al Valor militare all’Arma del Genio che a quel tempo comprendeva anche le Trasmissioni.

Di seguito un breve ricordo degli avvenimenti.

La mattina del 15 giugno 1918, gli austriaci arrivando da Pieve di Soligo-Falzè di Piave, riuscirono a conquistare il Montello e il paese di Nervesa. La loro avanzata continuò successivamente sino a Bavaria (sulla direttiva per Arcade), ma furono fermati dalla possente controffensiva italiana, supportata dall’artiglieria francese, mentre le truppe francesi erano stazionate ad Arcade, pronte a intervenire in caso di bisogno.
Il Servizio Aeronautico italiano mitragliava il nemico volando a bassa quota per rallentare l’avanzata. In questo teatro di battaglia morì il maggiore Francesco Baracca, il più grande asso dell’aviazione italiana. Le cause della morte non sono mai state univocamente determinate e la versione ufficiale per lungo tempo è stata quella di un colpo di fucile ricevuto da terra da un tiratore austriaco appostato su un campanile.
Secondo uno storico anglosassone, invece, da ricerche nei registri austro-ungarici risulterebbe che Baracca venne ucciso dal mitragliere di un biposto austriaco che l’asso italiano stava attaccando dall’alto.

Dal Comando supremo militare italiano dipendevano il Raggruppamento Squadriglie da Bombardamento con il IV Gruppo, XI Gruppo e XIV Gruppo oltre al X Gruppo (poi 10º Gruppo). Nella battaglia l’impiego del Corpo Aeronautico nella massa da caccia ed in quella da bombardamento rappresenta l’elemento determinante del ripiegamento del nemico che aveva sferrato l’ultima offensiva. Le passerelle gettate sul Piave dagli austriaci il 15 giugno 1918 vennero bombardate incessantemente dall’alto e ciò comportò un rallentamento nelle forniture di armi e viveri. Ciò costrinse gli austriaci sulla difensiva e dopo una settimana di combattimenti, in cui gli italiani cominciavano ad avere il sopravvento, gli austriaci decisero di ritirarsi oltre il Piave, da dove erano inizialmente partiti. Centinaia di soldati morirono affogati di notte, nel tentativo di riattraversare il fiume in piena.
Nelle ore successive alla ritirata austriaca, il re Vittorio Emanuele III visitava Nervesa liberata e completamente distrutta dai colpi di artiglieria. Ingenti i danni alle antiche ville sul Montello e al patrimonio artistico della zona. Stessa cosa per Spresiano: completamente distrutta. Gli austro-ungarici nella loro avanzata arrivarono sino al cimitero di Spresiano, ma l’artiglieria italiana che sparava da Visnadello e i contrattacchi della fanteria italiana riuscirono a bloccarli.
Le truppe austro-ungariche attraversarono il Piave anche in altre zone. Conquistarono pure le Grave di Papadopoli, ma si dovettero successivamente ritirare. A Ponte di Piave percorsero la direttrice ferroviaria Portogruaro-Treviso, dopo alcune settimane di lotta, nella zona di Fagarè, vennero respinte dagli arditi italiani. Passarono il Piave anche a Candelù, da Salgareda raggiunsero Zenson e Fossalta, ma la loro offensiva si spense in pochi giorni. Il 19 giugno 1918 nella frazione di San Pietro Novello presso Monastier di Treviso il VII Lancieri di Milano comandato dal generale conte Gino Augusti, contenne e respinse l’avanzata delle truppe austro-ungariche infiltrate oltre le linee del Piave infliggendo loro una sconfitta decisiva nell’economia della Battaglia del Solstizio. L’operazione militare passerà alla storia come la “Carica di San Pietro Novello”: il reggimento di Cavalleria pur in inferiorità di uomini e mezzi riuscì nell’impresa, combattendo anche appiedato in un corpo a corpo alla baionetta.
La mattina dell’attacco, sino dalle ore 4.00, dal suo posto di osservazione posto in cima a un campanile di Oderzo, il comandante delle truppe austriache, il feldmaresciallo Boroevic, osservava l’effetto dei proiettili oltre Piave. Le prime granate lacrimogene e asfissianti ottenevano pochi risultati, grazie alle maschere a gas inglesi usate dagli italiani. Durante la Battaglia del Solstizio gli Austriaci spararono 200.000 granate lacrimogene e asfissianti.
Sul fronte del Piave, quasi 6.000 cannoni austriaci sparavano sino a S. Biagio di Callalta e Lancenigo. Diversi proiettili da 750 kg di peso, sparati da un cannone su rotaia, nascosto a Gorgo al Monticano, arrivarono fino a 30 km di distanza, colpendo Treviso.
Dall’altra parte del fronte, i contadini portavano secchi d’acqua agli artiglieri italiani per raffreddare le bocche da fuoco dei cannoni, che martellavano incessantemente le avanguardie del nemico e le passerelle poste sul fiume, per traghettare materiali e truppe. Il bombardamento delle passerelle fu determinante, in quanto agli austriaci vennero a mancare i rifornimenti, tanto da rendere difficile la loro permanenza oltre Piave. Nel frattempo gli italiani, alla foce del fiume, avevano allagato il territorio di Caposile, per impedire agli austriaci ogni tentativo di avanzata.
Dal fiume Sile i cannoni di grosso calibro della Marina Italiana, caricati su chiatte, che si spostavano in continuazione per non essere individuati, tenevano occupato il nemico da San Donà di Piave a Cavazuccherina (Jesolo). Il punto di massima avanzata degli austriaci, convinti di arrivare presto a Treviso, fu a Fagarè, sulla provinciale Oderzo-Treviso.
Nella battaglia vennero impiegati intensivamente gli Arditi, una specialità della fanteria del Regio Esercito al comando del generale Ottavio Zoppi.
Si trattava di un corpo speciale particolarmente addestrato alle tecniche d’assalto e del combattimento corpo a corpo. Operativamente organizzato in piccole unità i cui membri erano dotati di petardi “Thévenot, granate e pugnali, occupavano le trincee e le tenevano fino all’arrivo dei rincalzi di fanteria. Il tasso di perdite era estremamente elevato: in questa battaglia centinaia di Arditi vennero fatti sbarcare da una sponda all’altra del fiume Piave e la maggior parte di loro non giunse all’altra riva, ma i superstiti contribuirono alla ritirata austro-ungarica, anche per l’effetto psicologico che avevano questi effettivi sui soldati semplici che ne temevano l’aggressività e tecnica di combattimento.
La testa di ponte di Fagarè sulla direttiva Ponte di Piave-Treviso fu l’ultimo lembo sulla destra del Piave a cadere in mano italiana.

By Gen. b. aus. Felice Cofini